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Prescrizione Cartella Esattoriale
Scopri come funziona il meccanismo della prescrizione delle cartelle di pagamento
Come opera la prescrizione della pretesa tributaria: diritto di agire consumato e non più riattivabile
Ogni volta che si riceve la notifica di un atto esecutivo fondato su una cartella esattoriale è opportuno esaminare tutti i possibili profili, formali e sostanziali, di possibile invalidità dell’atto per valutare la possibilità di proporre ricorso.
Tra gli elementi da analizzare, certamente riveste particolare importanza il profilo della prescrizione del credito tributario azionato. In altri termini, se l’Agenzia delle Entrate non ha attivato per un determinato periodo di tempo la procedura esecutiva nei confronti del contribuente, il diritto di agire per quella pretesa tributaria è da intendersi “consumato” e non più riattivabile. In altri termini in tali casi le cartelle di pagamento vanno in prescrizione esattamente come accade per la tutela di diritti tra privati.
Dunque se, dopo la notifica della cartella esattoriale, l’Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia) è rimasta inerte senza notificare nessun ulteriore avviso e senza attivare l’esecuzione nei confronti del contribuente per un determinato periodo, non può più farlo.
In tal caso, unico modo per eccepire la prescrizione è proporre ricorso.
Termini di prescrizione dei crediti tributari: differenze tra crediti erariali dovuti allo Stato e tributi locali
I termini di prescrizione si differenziano a seconda del tipo di tributo oggetto della cartella di pagamento. Conseguentemente, anche la cartella può riferirsi ad atti con prescrizioni differenziate, a seconda dei tipi di tributi richiesti.
In genere i crediti erariali (dovuti allo Stato) si prescrivono in 10 anni, mentre quelli relativi a tributi locali in 5, eccezion fatta per il bollo auto che si prescrive in 3 anni.
Si prescrivono in ogni caso in 10 anni i crediti tributari che siano stati accertati con sentenza passata in giudicato, ossia non più oggetto di impugnazione, all’esito di un’opposizione proposta dal contribuente che sia stata respinta.
Prescrizione quinquennale nel caso di mancata impugnazione della cartella di pagamento
La Corte di Cassazione negli ultimi anni, dalla pronuncia a Sezioni Unite del 2016 a quella più recente n. 1652/2020, ha chiarito e ribadito che la prescrizione delle cartelle esattoriali non impugnate coincide con il termine di prescrizione previsto per il tributo a cui si riferiscono.
I casi sottoposti all’esame della Suprema Corte riguardano per lo più ipotesi di cartelle di pagamento aventi ad oggetto il pagamento di contributi previdenziali (Inps, Inail) omessi dal contribuente.
In particolare, la Cassazione ha sancito che la mancata opposizione da parte del contribuente alla cartella esattoriale notificata comporta la definitività degli importi richiesti, che si intendono in qualche modo “accettati” dal contribuente che non si è opposto. Soprattutto la Cassazione, ribaltando un precedente orientamento, ha precisato che tale meccanismo di c.d. acquiescenza non comporta l’effetto di prolungare la prescrizione della pretesa tributaria che rimane soggetta comunque ai termini propri dei tributi richiesti.
Nello specifico, i contributi previdenziali si prescrivono in 5 anni, quindi laddove l’Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia) tenti di procedere esecutivamente successivamente a tale periodo, ipotesi questa che si verifica spesso, va eccepita la prescrizione della cartella di pagamento con un’opposizione all’esecuzione. A nulla rileva la mancata opposizione del contribuente rispetto alla cartella.
Tale ragionamento ovviamente trova applicazione anche per altri tipi di imposte o contributi tanto che la stessa Corte di Cassazione ha espressamente chiarito che può riguardare anche importi oggetto delle procedure c.d. di rottamazione.
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